L’unico modo per ipotizzare cosa accadrà nel 2017 è studiare il passato e analizzare il presente.
Il 2016 ha chiarito alcuni punti: il più importante di tutti è la grande rivoluzione musicale in mano al pubblico, potremmo dichiararla la Dittatura degli Utenti, veicolata da algoritmi e condivisioni.
In più il 2016 ha visto un’altra conferma, quella della musica utilizzata come strumento e non più come fine. Si utilizza la musica per vendere altri prodotti economicamente più convenienti: pubblicità, abbonamenti, prodotti tecnologici. Questo perché il ritorno economico del digitale non è in grado di soppiantare i maniera equa la fine del possesso e la morte dell’album come formato.
Netflix e Amazon hanno insegnato una cosa: il distributore non uccide più la produzione, ma può diventare egli stesso produttore innovando il linguaggio, togliendo dalle stanze dei bottoni il concetto di creatività, ma soprattutto abbassando l’età dei creatori di contenuti.
Il 2016 ha iniziato la grande crisi generazionale che si concluderà nel 2017, dove gli over 30 (se non si vorranno aggiornare) saranno fuori dal mercato.
Detto questo ecco cosa accadrà:
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Spotify, Deezer e AppleMusic diventeranno delle etichette discografiche e si occuperanno di scoprire e valorizzare gli artisti. Questo permetterà loro di entrare nel mondo delle edizioni e colmare così il gap economico ancora irrisolto degli account freemium. Dalla loro hanno milioni di iscritti, grandi playlist popolate da utenti interessati a scoprire nuova musica, possibilità di promuovere i propri artisti a costo zero o con un semplice passaggio economico interno (es: da Spotify Recordins a Spotify Advertising).
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La definitiva morte del formato album. Il 2017 vedrà gli artisti dedicarsi principalmente alla produzione di singoli ed EP, accorciando così i tempi di promozione. Accadde una cosa simile quando arrivò MTV e l’industria discografica iniziò a chiedere ai propri artisti un album ogni due anni invece che uno ogni 365 giorni; questo perché il videoclip allungava la durata di ogni singolo e si potevano estrarre dagli album più fortunati anche 5/6 video. Con il digitale e lo streaming, gli artisti saranno obbligati a mantenere alta l’attenzione nei confronti degli ascoltatori: non potranno ‘sparire’ per più di sei/otto mesi, ma dovranno continuare a promuovere la propria musica attraverso una serie di singoli o EP.
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Il contratto discografico perderà il suo fascino. Il 2016 ha visto un incredibile numero di artisti e band diventare popolari, ottenere milioni di plays e stream, organizzare tour e riempire palazzetti senza l’aiuto di label. Il 2017 canonizzerà questo comportamento con la nascita di società, collettivi o singoli professionisti che aiuteranno i musicisti ad incrementare il proprio posizionamento e gli introiti derivanti dal digitale. Senza intermediari il ritorno economico può essere decisamente ‘interessante’.
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Le classifiche musicali saranno decise dagli algoritmi dei servizi di streaming. Per carità, sarà sempre l’uomo a decidere se un brano gli piace oppure no, ma i programmi di selezione musicale saranno affinati ai propri gusti e al proprio storico; sarà più facile scoprire nuovi artisti attraverso un algoritmo rispetto a una programmazione radiofonica. Per questo Spotify, Deezer e AppleMusic diventeranno delle etichette discografiche e società di edizioni. Faranno quello che ha fatto Lorenzo Suraci con RTL/Baraonda e i Modà (nella speranza che si punti più sulla qualità).
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Le major o le grandi etichette indipendenti dovranno necessariamente trovare nuove forme di monetizzazione o migliorare i programmi esistenti per ottenere maggiori introiti dal digitale. Oltre ad inserire nei propri organici manager dedicati alla raccolta e distribuzione delle royalties, dovranno ideare applicazioni o piattaforme basate sul concetto di micropagamento, per ovviare all’agguerrita concorrenza dei servizi di streaming.
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La Grande Crisi Generazionale DigitalMusicale spaccherà il pubblico in due macro aree: da una parte ci saranno gli under 30 che gestiranno questa Crisi dai posti di comando, sia in fase progettuale sia nella fase di fruizione. Saranno loro i grandi attori che decideranno le sorti dell’industria musicale e dei trend. Chi non si aggiornerà, chi non vorrà ascoltare le nuove produzioni perché “non c’è nulla di interessante dal 24 settembre del 1991”, cadrà nel dimenticatoio e sarà il nuovo analfabeta musicale AD 2017.
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Soundreef e la SIAE si fonderanno in un’unica società di gestione dei diritti. Ok, questo è impossibile, ma in realtà sarebbe una delle notizie più interessanti del 2017. Non solo dal punto di vista mediatico, ma anche di soluzioni offerte ai musicisti, editori e compositori. Da una parte (SIAE) c’è il controllo del territorio, la possibilità di diversificare l’indotto, l’esperienza, la fiducia e il controllo. Dall’altra (Soundreef) ci sarebbe l’innovazione, la velocità, la certezza e le brevi scadenze dei pagamenti, anche di quelli minori, utili soprattutto alle band e alle nuove forme di collettivismo [vedi punto n°3].
Fabrizio Galassi