Venti anni fa ci dissero che il nostro caro vecchio giradischi avremmo fatto bene a portarlo a Porta Genova (o a Porta Portese o alla Duchesca, a seconda delle latitudini), tanto il futuro era digitale. Dieci anni fa ci dissero che il suono analogico era un fatto d’orgoglio, una passione da coltivare, roba da iniziati, per pochi e illuminati signori. Oggi – nell’epoca della de-materializzazione dei supporti e della musica liquida – il vinile scopre trendy. Trovandoci a scrivere della decima edizione del «Record Store Day», giornata mondiale dell’orgoglio del disco in vinile che si celebra il 22 aprile in tutti i negozi di dischi indipendenti che si rispettino, ci va di partire proprio da questa considerazione.
Per onestà intellettuale vi abbiamo detto più volte che chi interpreta il ritorno al vinile come una tendenza in grado di sorreggere l’intera baracca del music biz mente sapendo di mentire: il microsolco, numericamente parlando, resta una nicchia, in Italia e all’estero. Ma è una nicchia che accende gli entusiasmi. E la cosa ci entusiasma eccome: nel 2016, secondo i dati Deloitte Fimi, il valore del segmento ha toccato i 10 milioni, per un incremento del 52% rispetto all’anno precedente, mentre la sua quota di mercato in tre anni è passata dal 3 al 6 per cento. Dal 2012 a oggi il fatturato del disco in vinile è cresciuto del 330 per cento. E parliamo soltanto di ristampe fresche di fabbrica: ancor più consistente è il mercato dei pezzi d’epoca che passa attraverso la vendita di 33 e 45 giri usati. Consistente quanto difficile da censire, perché occorrerebbe mettersi a telefono con i singoli venditori e chiedere loro di aprire il libro mastro.

 

Per approfondire http://francescoprisco.blog.ilsole24ore.com/2017/04/21/record-store-day-in-italia-il-vinile-muove-10-milioni-ma-quanto-vale-il-mercato-dellusato/?refresh_ce=1