Non si è fatta attendere la replica della Recording Industry Association of America alle affermazioni di Lyor Cohen, il responsabile della sezione musica di Youtube che solo ieri si era detto disposto ad avvicinare l’industria discografica alla popolare piattaforma di media sharing confutando – almeno dal suo punto di vista – alcuni aspetti critici, su tutti il value gap e lo status di safe harbor accordato dalle autorità statunitensi alla controllata di Google, del rapporto tra la società per la quale lavoro e l’industria musicale.
Pur rallegrandosi per l’apertura da parte di Cohen, la RIAA, con una nota (segnalata a Rockol da Enzo Mazza, presidente della FIMI, l’associazione di categoria dei discografici italiani), ha risposto punto per punto alle dichiarazioni del manager.
Il primo punto della replica riguarda lo status di safe harbor, che “la legge non ha mai inteso come mezzo per non corrispondere ai creatori di musica il giusto compenso”. Un'”ossessione” sì, come l’ha chiamato Cohen, ma – per la RIAA – non della discografia, ma della stessa Youtube, che ne abusa per negoziare al ribasso le tariffe di ricompensa per i creatori di contenuti.
“Youtube e Google vedono il loro status come se fosse delle start-up squattrinate alle prime armi”, si legge nella nota diramata dalla RIAA, “Occorre ricordare che questi due colossi tecnologici hanno lanciato il loro servizio musicale a pagamento, Google Play, sette anni fa. In meno tempo altre realtà, con molti meno fondi, sono state capaci di creare servizi a pagamento che hanno attratto decine di milioni di ascoltatori”.
La RIAA contesta a Cohen anche la stima di 3 dollari ogni mille passaggi sul mercato americano corrisposta da Youtube ai titolari dei diritti: “Lo scorso anno il corrispettivo offerto da Youtube per 1000 passaggi era meno della metà rispetto a quanto dichiarato da Cohen, e sette volte meno rispetto a quanto corrisposto da Spotify per lo stesso numero di passaggi”.