“Uno studio limitato, approssimativo e ormai datato”: queste le parole usate dal presidente della FIMI Enzo Mazza per definire il rapporto realizzato da Ecorys su richiesta della Commissione Europea ma mai diffuso dai vertici di Bruxelles che confuterebbe la tesi di una correlazione tra pirateria e crisi delle industrie musicale, cinematografica e informatica.
Secondo il numero uno della principale associazione di categoria discografica italiana, quindi, nessun clamore sarebbe giustificato per il report che secondo alcuni – come la parlamentare del Partito Pirata tedesco Julia Reda, che l’ha diffuso attraverso il suo blog – sarebbe stato “silenziato” per ragioni non meglio precisate: “In via preliminare va osservato che lo studio fu realizzato dalla precedente commissione – quella presieduta da José Barroso – e di fatto non completato in quanto la direzione generale dell’epoca confluì poi nell’attuale DG Connect [Directorate General for Communications Networks, Content & Technology]”, ha spiegato Mazza a Rockol, “Lo studio in realtà era già noto: alcuni accademici lo commentarono nel 2015. Il rapporto evidenzia che il download illegale e lo streaming hanno un effetto sulle vendite fisiche che viene stabilito in circa il 23%”.
“Lo studio ha analizzato solo alcuni Paesi senza un numero sufficiente di interviste – ‘30,000 people across 6 EU Member States: Germany, France, Poland, Spain, Sweden, and UK'”, prosegue Mazza, citando dati riferiti nello stesso rapporto: “Lo stesso autore del report scrive: ‘This is an estimation… (the findings do) not necessarily mean that piracy has no effect but only that the statistical analysis does not prove with sufficient reliability that there is an effect'”.