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Quattro grandi aree tematiche e duecentomila canzoni ne fanno uno degli archivi più grandi d’Europa. Il Portale della Canzone Italiana, inaugurato il 5 febbraio dal MiBACT in collaborazione con l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi e tradotto in 7 lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, cinese, giapponese, tedesco e russo), copre l’arco temporale che va dal 1900 al 2000. Si tratta di una sconfinata piattaforma streaming, realizzata in collaborazione con Spotify, in cui è stato raccolto il repertorio musicale italiano in tutte le sue forme. Del secolo preso in esame si possono apprezzare con facilità le varie epoche musicali, e si può ben comprendere come la canzone italiana moderna abbia una fortissima base popolare, di cui spesso perdiamo memoria. L’aspetto più evidente però, è la mancanza, per il momento, delle canzoni del nuovo millennio. Mancano infatti i primi 18 anni del 2000, per cui nel portale non troverete pezzi dei Baustelle, di Brunori, di Vasco Brondi, e nemmeno Motta, Calcutta o i Marlene Kuntz.
Alle prime due aree, che dividono esattamente a metà il secolo (1900-1950 e 1950-2000), si aggiungono una raccolta delle tradizioni popolari regionali (ognuna con una sua iconografia di rappresentanza) e la sezione “Contributi speciali”, con mostre virtuali, classifiche, approfondimenti e bibliografie. Tutto è stato realizzato in due anni grazie al reperimento di brani dall’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi (ICBSA, ex Discoteca di Stato). La parte più corposa, e forse più interessante, riguarda la prima macro area del portale, quella riservata alla musica italiana della prima metà del Novecento.
La seconda macro area riunisce la canzone del secondo Novecento, dalla musica da ballo a Sanremo, dal folk revival al Festivalbar. Siamo stati subito attirati da due categorie in particolare, “Canzoni d’autore” e “Pop”. La sezione riservata alla canzone d’autore, composta solo da 48 esempi (e non tutti proprio azzeccati), è nonostante questo forse la parte corredata dalle playlist più interessanti: “Un drink al Roxy Bar”, contentente canzoni ‘alcoliche’ da “Il vino” di Piero Ciampi al “Pongo sbronzo” di Capossela, “La scuola romana”, con Venditti, Baglioni, Castelnuovo, Cocciante, Barbarossa, De Gregori, Minghi e Stefano Rosso, “Il canzoniere di Fossati” e “Cantautori anni 90”, che raccoglie Zucchero, Grignani, Consoli, Antonacci, Capossela, Gazzè, Jovanotti, Britti, l’ultimo Bertoli e l’ultimo Testa. A un’analisi più o meno superficiale delle sezioni riservate alla canzone d’autore e al pop, risulta un po’ rinfuso il criterio di inserimento delle canzoni. Così “I pianoforti di Lubecca” di Vinicio Capossela figura nel pop assieme ad “Attenti al lupo” di Lucio Dalla, mentre in “Canzoni d’autore”, assieme ad “Anime salve” di De André e “Pablo” di De Gregori, ci sono “Iris” di Biagio Antonacci e “Un’emozione da poco” di Anna Oxa.
Per veri aficionados la parte riservata al rock italiano, in particolare la playlist dedicata al “Progressive” (PFM, Alan Sorrenti, New Trolls, Le Orme, Banco del Mutuo Soccorso, Area), al “Beat” (Equipe 84, Nomadi, I Giganti, I Corvi, Dik Dik, The Primitives) e al “Rock in rosa” (Bertè, Rettore, Nannini, Consoli, Donà, Irene Grandi e Ginevra Di Marco).