La storia, riferita da Digital Music News e dal Wall Street Journal, è talmente assurda da sembrare paradossale, eppure è vera, come vera è la cartella esattoriale emessa dall’Internal Revenue Service – il severo ufficio delle tasse a stelle e strisce – all’indirizzo della fondazione intitolata al Re del Pop.
Al momento della sua morte, nel 2009, l’immagine di Michael Jackson era stimata dal fisco americano la bellezza di 161 milioni di dollari: una volta valutati gli asset lasciati dall’artista, i legali degli esecutori testamentari stabilirono arbitrariamente che il valore dell’eredita legata al nome e al volto della voce di “Thriller” era invece prossimo allo zero. Il motivo? La “cattiva reputazione” che, secondo gli avvocati, era stata accumulata dal defunto a causa dei procedimenti legali legati ai presunti episodi di molestie e minori. Di conseguenza, valendo l’immagine di Jackson zero, non era in grado di produrre reddito, e pertanto non passibile di tassazione.
I vertici dell’IRS, però, non hanno ritenuto questa spiegazione convincente, e si sono decisi a procedere secondo le loro stime: calcolato in 500 milioni di dollari l’introito fiscale non versato e sommato ad esso altri 200 milioni a titolo di penale, il fisco ha fatto pervenire alla fondazione intitolata a Jackson quella che a ragione può essere considerata una delle più pesanti cartelle esattoriali della storia.
Per approfondire http://www.rockol.it/news-669249/fondazione-michael-jackson-il-fisco-usa-esige-700-milioni-dollari