Per il secondo anno di fila mi sono voluto cacciare in un guaio serio: intercettare e analizzare tutte le classifiche dei migliori album dell’anno passato pubblicate da tutte le riviste e siti musicali italiani.
Quest’anno è ancora più fondamentale perché diminuisce sempre di più il potere dei filtri, del ‘quality check’, di tutti i giornalisti che per anni sono riusciti a far ascoltare ed apprezzare al pubblico i LORO dischi preferiti.
Con l’avvento della Dittatura degli Utenti vediamo cosa è cambiato.
Dal punto di vista internazionale faccio sempre riferimento ad AlbumOfTheYear che raggruppa tutte le liste delle più importanti testate mondiali. Il loro conteggio vede trionfare David Bowie seguito da Beyoncè e da Frank Ocean. Sono presenti anche album meno catchy, come ad esempio “A Moon Shaped Box” dei Radiohead e “Skeleton Tree” di Nick Cave & The Bad Seeds.
Ma vediamo cosa accade se prendiamo come riferimento solo ed esclusivamente le riviste italiane, completamente snobbate dal listone internazionale.
Come sempre ho dato 10 punti al primo album classificato in ogni lista pubblicata, poi 9, 8, 7 a scalare fino alla 10° posizione (con UN solo punto).
Rispetto al 2015 è aumentato il numero di italiani presenti nella topten, per carità, nella misura di uno, ma comunque è un super traguardo: vuol dire che stiamo producendo musica di qualità anche in confronto agli artisti internazionali, magari non nella tecnica, ma sicuramente nel contenuto.
Ecco la classifica in ordine inverso:
10° (26 punti) I CANI – Aurora
Chi dice cosa:
RockIt: “Un’emotività feroce che si serve di lessico scientifico, astri, galassie e suoni freddi per raccontare in maniera magistrale un indefinito senso di lontananza e di solitudine”.
Outune: “un passo avanti da giganti, come se ce ne fosse bisogno. E invece forse sì, ce n’era proprio bisogno”.
DeerWaves: “I Cani hanno fatto centro, ancora, azzeccando il disco dell’anno già a gennaio”
10° (26 punti) BON IVER – “22, A Million”
Chi dice cosa:
Indie For Bunnies: “Bon Iver […] scompare completamente alla vista, e per sapere dove riapparirà ci basta seguire le tracce della sua voce dal falsetto così sottile da fare da filo rosso tra il passato e il futuro della sua musica”.
Indie Rock: “Capace di reinventarsi senza scendere a compromessi con la propria vocazione”
8° (27 punti) SALMO – Helvisback
Chi dice cosa
Musique Buffet: “un sound internazionale lontano dai facili schemi del rap, tutto suonato su un retroterra rock e hardcore, e un flow nettamente al di sopra della media”.
AllMusicItalia: “Salmo ha portato in scena uno spettacolo rap di fattura magistrale, capace di soddisfare le alte aspettative create nei fan puristi dopo Midnite e di raccogliere nuovo seguito con merito”.
Internazionale: “Quando pesta duro e contamina il suo rap con l’hardcore, come nel brano d’apertura Mic taser, Salmo non fa prigionieri e dimostra di avere un flow fuori dal comune.”
7° (31 punti) AFTERHOURS – Folfiri o Folfox
Chi dice cosa:
RockLab: “Un disco monumentale, e tuttavia una statua di minor attrazione turistica nella città storica degli Afterhours”.
RockIt: “[…] il denso, doppio album che nasce dalla malattia, diventa un passo dopo l’altro un’esplosione di vita, la carta da giocare per riconoscersi in una speranza, la prova che ci siamo ancora e possiamo essere felici, o almeno tentare di esserlo”.
6° (40 punti) COSMO – L’Ultima Festa
Chi dice cosa:
OuTune: “Il suo album è veramente bello e intenso. Il live è a tutti gli effetti una festa imperdibile”.
DeerWaves: “senza sbavature, non tralascia i colpi al cuore e alla nostalgia, riuscendo sempre a non prendersi troppo sul serio, e sopratutto senza mai incupirsi o instupidirsi. Persino ogni lunedì è festa se lo prendi nel modo giusto”.
5° (53 punti) NICCOLO’ FABI – Una Somma Di Piccola Cose
Chi dice cosa:
OnStageWeb: “[…] le canzoni che Fabi ha inserito nella tracklist veicolano messaggi importanti e stimolano riflessioni significative senza bisogno di alzare i toni”.
Internazionale: “Niccolò Fabi non è abbastanza hipster per raccogliere consensi tra una certa fetta di pubblico affezionata a una scena romana da cantautorato indie mordi e fuggi e per questo viene troppo spesso sottovalutato. A volte non c’è bisogno di essere alternativi a tutti i costi, basta saper scrivere belle canzoni”.
4° (66 punti) NICK CAVE & THE BAD SEEDS – Skeleton Tree
Chi dice cosa:
RadioBue: “Le frasi melodiche sono pressoché inesistenti, eppure Skeleton Tree è capace di investirti con un carico emotivo immenso”.
Impatto Sonoro: “[…] Nick Cave, questa volta, è l’uomo che guarda il suo cuore intrappolato tra le ossa dell’albero, dal basso verso l’alto, le mani lungo i fianchi sussurrando qualcosa mentre i Bad Seeds intonano un coro d’accompagnamento, forte, chiaro nel suo essere contrapposto a questo lunghissimo piano sequenza”.
3° (73 punti) MOTTA – La Fine dei Vent’anni
Chi dice cosa:
DeerWaves: “[…]la poetica di Motta si tiene alla larga da cliché e autocommiserazione, con sguardo lucido e – nei limiti del possibile – persino sereno sull’inevitabilità delle transizioni”.
RockIt: “Motta scrive canzoni di una concretezza disarmante e le canta pronunciando ogni singola parola come fosse l’ultima, con una tensione e una ferocia fonetica di rara potenza”.
Internazionale: “Motta ha una voce così nitida, forte e versatile che può usarla in tanti modi e questo spiega in parte anche perché la varietà è uno dei punti di forza della Fine dei vent’anni. Nota a margine: Del tempo che passa la felicità è la canzone più bella pubblicata in Italia nel 2016.”
2° (81 punti) RADIOHEAD – A Moon Shaped Pool
Chi dice cosa:
Storia della Musica: ““A Moon Shaped Pool”, è nel riflesso della luna sulle acque tremule di una piscina, che i Radiohead hanno ritenuto opportuno divulgare quelle canzoni. E farle bruciare di una nuova e giusta luce.”
Ondarock: “È un colpo di classe in cui c’è molta esperienza, e a volte manierismo. Ma grazie al cielo, i Radiohead che fanno i Radiohead sono ancora un gran bel sentire”.
Internazionale: “I Radiohead si confermano come la band rock (ha ancora senso usare questo termine?) più influente del pianeta”.
1° posto (109 punti) DAVID BOWIE – Black Star
Chi dice cosa:
SentireAscoltare: “[…]siamo di fronte a un disco pop moderno e d’avanguardia nella migliore tradizione bowiana. Sofisticato, duro, post-punk, sperimentale, ma pur sempre pop, e come tale – se è il caso – va proprio celebrato”.
OnStageWeb: “Non si tratta di sentimentalismo, sebbene la scomparsa di Bowie abbia commosso tutti noi: semplicemente è apparso subito chiaro quale straordinario lavoro avesse fatto il Duca Bianco incidendo un disco tanto sperimentale nei mesi in cui stava combattendo contro il male che se l’è portato via”
OndaRock: “In sostanza, nella canzone omonima l’album indovina un capolavoro degno del repertorio maggiore, mentre il resto si caratterizza per un efficace utilizzo dei fiati e un Bowie piuttosto divertito, che comunque può bastare, anche se chi scrive si è emozionato di più ai primi ascolti di “The Next Day”. Vedremo come verrà accolto questo nuovo lavoro, benché difficilmente bisserà il milione e mezzo di copie sfiorato dal suo predecessore”.
Indie For Bunnies: “? è un album triste, dove la preoccupazione per la morte e la paura e l’ansia di essere dimenticati la fanno da padroni. E Bowie ce lo comunica, come nel resto della sua carriera, in modo distaccato, senza riferimenti autoreferenziali o giudizi sulla società e il mondo contemporaneo”.
Indie-Rock: “Come se ogni gesto, frase o nota, fossero create con l’intenzione superba ma, perché no, gloriosa, di voler indicare la via”.
Internazionale: “Con le ultime forze che gli rimanevano, ha piazzato la zampata finale della sua carriera”.
Fabrizio Galassi