Nel 2015 la Commissione europea commissionò a Ecorys di fare uno studio (costato 360.000 euro) per approfondire quanto e come la pirateria impatta sulle vendite di contenuti protetti dal copyright, musica, libri, videogame o film. La ricerca è stata fatta e il risultato nega il legame, ma questo rapporto non è mai stato reso pubblico. A tirarlo fuori dal cassetto in cui era stato messo, riporta Newsweek, ci ha pensato la parlamentare del Partita Pirata tedesco, Julia Reda, che lo ha pubblicato sul suo blog dopo essere riuscita ad averne accesso grazie alla normativa europea sulla libertà di accesso alle informazioni. Ci si chiede però come mai quel rapporto, consegnato a Bruxelles ormai un paio di anni fa, non è mai stato reso pubblico prima?
Una corrente di pensiero sostiene che il rapporto non sia stato svelato perché nelle sue pagine non vi si trova quasi nulla che possa indicare una vera e propria relazione tra la cosidetta pirateria e i numeri delle vendite dei prodotti originali. Nel rapporto si parla addirittura della possibilità che ‘i download e lo streaming illegale possano favorire la vendita legale di alcuni prodotti, come i giochi’.
Solo alcuni prodotti come, ad esempio, i film definiti ‘blockbuster’ subirebbero un danno effettivo quantificabile addirittura nel 40 per cento. Vale a dire che ‘per ogni dieci film recenti guardati illegalmente, quattro film in meno sono consumati legalmente’, così si legge nel report.
Sul suo blog, però, la parlamentare tedesca dice che questi studi sono “fondamentali quando bisogna discutere sulle normative riguardanti il diritto d’autore, perché spesso si ha il pregiudizio che la pirateria compromette il fatturato dei detentori dei diritti d’autore” e critica senza mezzi termini il comportamento della Commissione Europea per non averne pubblicato le conclusioni.
A dirla tutta lo scorso anno la Commissione ha pubblicato altri studi sulla pirateria. In uno si diceva che ci fossero prove sull’influenza della pirateria sulle vendite dei film, ma non sulle vendite di opere musicali, libri digitali o videogiochi. Ci si chiede comunque come mai quel rapporto non sia stato reso pubblico?