Oggi, venerdì 9 giugno, durante l’edizione 2017 del Medimex, si è svolto il panel intitolato “Music Economy: fattori e tendenze chiave del prossimo biennio per l’industria musicale”: l’incontro, moderato dall’editore di Rockol Giampiero Di Carlo ha analizzato analizzerà le tendenze e le particolarità del panorama discografico attuale tra segni di ripresa e nuove sfide poste dai modelli di business contemporanei, e vedrà la partecipazione di Luca Bernini (Gibilterra), Claudio Ferrante (Artist First), Marco Alboni (Warner Music), Emiliano Colasanti (42 Records), Alessandro Massara (Universal Music), Maria Letizia Bixio (Studio Previti).
Ecco una selezione di quanto degli interventi dei partecipanti:
Luca Bernini: “La ripresa del mercato musicale, vista dal punto di vista del management, è solo un dettaglio del quadro: artisti come Le Luci Della Centrale Elettrica non amano apparire o essere veicolati, e il management si trova a mediare tra proposte proveniente dal mondo esterno e altre cheli facciano sentire a loro agio. Il non preoccuparsi della monetizzazione permette all’artista di non confrontarsi con realtà scomode”
Emilano Colasanti: “la ricostruzione dell’industria musicale è appena cominciata dopo la grande crisi. Fino a qualche anno fa il digitale serviva più che altro come immagine. Il grande cambiamento di questi anni è stata l’inversione di tendenza tra fisico, che oggi è poco più di un gadget, e digitale, che ora è il comparto trainante. Il collaterale, oggi, è diventato fondamentale. Negli ultimi 5 anni il mercato della musica è cambiato di più che negli ultimi 10”
Cludio Ferrante (ArtistFirst): “il Digitale Ha restituito valore ad artisti che facevano fatica a quotarsi. Il digitale per le indie è stata una manna dal cielo. In Italia il mercato fisico continua ad essere importante, per un determinato segmento di artisti: la confezione speciale è un’idea esplosa col tempo anche nel mercato domestico, venendo importata da quello internazionale. Quando si parla di fisico, di vinile, si parla di appassionati ai quali sia necessaria la dimensione tattile e l’esperienza che garantisce il prodotto”
Dario Giovannini: “Carosello ha un grande punto di forza: fare parte di un gruppo editoriale che esiste dal 1859. Abbiamo una grande solidità, che ci permette di lavorare sugli artisti potendo guadagnare anche dopo un anno o un anno e mezzo. Il nostro obbiettivo è quello di creare attenzione sugli artisti: sopportiamo che mettiamo sotto contratto affiancandolo 24 ore su 24. Dobbiamo illustrare all’artista tutti gli aspetti, positivi e negativi, con onestà. C’è una crescita da parte di tutta la filiera, a partire dagli artisti: la sfida di un progetto, oggi, è che tutti gli attori della filiera guadagnino qualcosa”.
Maria Letizia Bixio: I presupposti che la rete non si possa combattere sono stati smentiti da alcuni provvedimenti, come la rimozione di piattaforme come megavideo o rojadirecta: negli ultimi anni i tribunali di Roma, Milano e Torino hanno capito che era necessario andare oltre alla mera chiusura del singolo sito. Poi c’è il discorso sanzioni, che possono servire da deterrente”.
Alessandro Massara: “l’Italia è il settimo mercato mondiale per il prodotto fisico e il tredicesimo per quello digitale: può sembrare un divario minimo, invece è enorme. I dati degli ultimi due anni è incoraggiante ma non basta, perché non abbiamo un’industria discografica che viva solo di digitale, come nei paesi anglosassoni. Siamo in mezzo al guado. La fase attuale sta privilegiando chi possiede grandi cataloghi, come le multinazionali. In Italia la gran parte degli utenti di Spotify è free, contrariamente a quanto succede negli altri paesi. Perché? Perché siamo italiani, e non abbiamo mai investito nella cultura. Ma se riusciamo a dare valore al calcio riusciremo a darne anche all’arte, e per quel che mi riguarda il pop è una forma d’arte”.
Marco Alboni: “A fine anni 90 si diceva che col cd sarebbe finito tutto, ma ho sempre pensato che il prodotto fisico fosse un tramite per arrivare al fan / consumatore. Il prodotto fisico è bellissimo ma si fa avanti. Siamo un paese culturalmente arretrato ma non da oggi, ma da quando c’era il prodotto fisico, rispetto a paesi come la Francia, che ha una situazione simile alla nostra ma dove la cultura ha aiutato la musica. Ma noi non vogliamo la mancetta, vogliamo semplicemente che il nostro lavoro venga considerato con dignità. Non è un problema secondario che in Italia non si riesca a ricavare un guadagno per tutti, ma la situazione non è così tragica da non poter guardare con fiducia al futuro. Chi oggi si occupa discografia deve avere un grado di competenza superiore al passato: il digitale ci ha fatto capire che il rapporto tra artista e pubblico è complesso. Youtube oggi è il principale fornitore di musica al mondo, ma contemporaneamente è quello che remunera di meno. Facebook per ora è stata uno fonte di ricerca di repertorio di artisti nuovi, da punto di vista della remunerazione non so cosa succederà, dipendente da quello che vorranno fare loro”
Maria Letizia Bixio: “l’Ue si è resa conto dell’importanza del mercato digitale, cercando di favorire forme di accesso legale. Ci sono tre problemi: valle gap, pirateria e concorrenza sleale. La commissione UE impone obblighi di rinegoziazione e standard di trasparenza da parte degli operatori. E gli aventi diritto avranno la possibilità di rinegoziare quanto pattuito in caso di eccessiva discrepanza con gli standard dei top player”.
Alessandro Massara: “la playlist non è la nuova versione dell’album, ma lo strumento più usato da chi vende dischi in digitale, perché è il modo più comodo per fruire musica. C’era la convinzione che l’apertura ai mercati internazionale potesse danneggiare quello locale, e in parte è accaduto, ma lo streaming ci ha aperto a nuovi orizzonti contribuendo a far evolvere anche gli artisti di casa nostra. È uno slancio positivo, che ha aperto un mercato che tradizionalmente è stato sempre molto chiuso”.
Ferrante: “Spotify oggi ha un potere enorme, grazie alla rapidità di interfaccia: tra un anno o due farà la casa discografica, sarà lei a tirare fuori gli artisti, e questo sarà il grande problema dell’industria musicale”.
Giovannini: “ sta cambiando il modo di fare promozione: il disco in streaming su Spotify diventa una sorta di alle you can eat. Spotify dà subito tutto il disco in pasto al consumatore, facendo saltare i piani promozionali studiati dai discografici”.
Per approfondire http://www.rockol.it/news-674874/siae-vince-il-ricorso-sul-caso-secondary-ticketing-concerti-degli-u2