Susciteranno sicuramente clamore, soprattutto nell’ambito del dibattito relativo al value gap, le rivelazioni contenute nel report “How Google Fights Piracy” diramato in questi giorni dal gigante di Mountain View: secondo le analisi condotte dai proprietari della piattaforma di flie sharing, tra l’ottobre del 2017 e il settembre del 2018 YouTube ha corrisposto all’industria discografica mondiale 1 miliardo e 800 milioni di dollari.
Gli analisti internazionali non hanno potuto non comparare i dati forniti da YouTube con quelli resi noti il mese scorso da Spotify: il servizio guidato da Daniel Ek aveva infatti rivelato di aver versato all’industria discografica, dal suo debutto sui mercati nel 2008 a oggi, dieci miliardi di dollari. Fatta una media sul periodo citato nel report di Google, Spotify corrisponderebbe all’industria 300 milioni di dollari grazie agli abbonamenti e agli sponsor sui account freemium, mentre YouTube ne corrisponderebbe 150 solo grazie alla pubblicità. Tuttavia lo scorso anno Lyor Cohen, chiamato nel quartier generale di San Bruno a fare da pontiere tra i vertici della società e la discografia tradizionale, sostenne che i pagamenti mensili di YouTube ai detentori dei diritti sulle opere messe in streaming fossero superiori a quelli di piattaforme a pagamento come la stessa Spotify e Pandora.